Tradimento
Avete aperto incuriositi e scettici questo articolo, adesso avete il dovere morale di leggerlo e riflettere sull'argomento!
Nella descrizione di questo blog ho tenuto a sottolineare come esso sia un viaggio tra passato e presente, e uno degli argomenti che connette queste due ere - anche il futuro - è senza dubbio il tradimento. La considerazione, prettamente occidentale, che abbiamo del tradimento è caratterizzata da una visione etnocentrica e storicocentrica; dalla nostra attitudine a parlarne su un piano relazione-amoroso, nella maggior parte dei casi monogamico.
La parola tradimento deriva dal latino "tradere", letteralmente 'dare oltre' più di quanto ci è concesso: nel tradimento in un matrimonio, il 'traditore' dà all'amante più di quanto gli è concesso dai suoi doveri e obblighi matrimoniali. Ma nel tradimento c'è una relazione inversamente proporzionale: nel momento in cui diamo qualcosa in più, togliamo qualcosa all'altro componente della coppia, che nella maggior parte dei casi è la fiducia.
Il tradimento ha assunto una connotazione - molto - negativa solo negli ultimi secoli, in cui si mette in primo piano come non si venga meno al dovere o alla moralità, ma all'amore e ai sentimenti dell'altro. Proprio perché ad oggi, in una relazione, la cosa ricercata è la felicità eterna, l'amore fiabesco, il romanticismo; e così il tradimento diventa la falce che taglia questi gambi così delicati. La ricerca di questi aspetti nel rapporto relazionale-amoroso in realtà è estremamente contemporanea; alle basi della nostra cultura vi sono i greci e i romani, e solo raramente al tempo i matrimoni erano costruiti su sentimenti reali, per lo più erano una transazione politica o/ed economica, come durante il medioevo e in epoca moderna. Con l'atto del tradimento nell'antichità non si attenta alla falsa idea dell'amore eterno tra due persone, ma si ricerca la felicità che non si può trovare nel matrimonio: e se tradendo Giulia maggiore è stata punita dal padre per non aver permesso un'alleanza politica, Paolo è stato posto nell'inferno dantesco per non aver rispettato i capisaldi della moralità e della religione (IX° comandamento). Solo negli ultimi due secoli, quando il matrimonio è diventato una scelta e non un obbligo, viene presentato come un qualcosa di maligno.
Ma è davvero così che possiamo considerarlo? La prima cosa che facciamo, per lo più, quando apprendiamo di essere stati traditi è cominciare a urlare e insultare contro l'imputato; la nostra cultura ci trasmette la reazione giusta al tradimento, ormai utilizzata nella maggior parte del mondo occidentale, e con la quale ci sentiamo di giudicare le altre culture e la persona che ne è responsabile: il maharaja descritto dalla Fallaci ne Il sesso inutile aveva tre mogli, due di carattere politico e nella terza ricercava la felicità. Quella reazione, però, è un modo per umiliare e far razionalizzare l'altro oppure per esprime il fatto di non sentirsi abbastanza?
Il tradimento è la dimostrazione di una mancanza, se ci pensiamo, il fatto che il partner non ritrovi in noi tutto ciò che cerca e debba andare da un'altra persone per trovare quel particolare: Lorenzo de Medici ha sempre rispettato la moglie Clarice Orsini, ma il rapporto con Lucrezia Donati era un'intesa sentimentale e intellettuale che con la prima non è mai nata. In questo senso, con il tradimento viene si meno la fiducia, ma anche la considerazione che abbiamo verso noi stessi all'interno di quella coppia; nel momento in cui crediamo di essere tutto, la realtà ci dice che mancano alcuni tasselli del puzzle.
L'atto di tradire è ciò che ci induce al lutto, ma non perché l'amore finisce, perché è estremamente difficile far finire l'amore, piuttosto perché capiamo non di essere la persona che credevamo di essere in quel contesto - il partner perfetto - e che neanche l'altro lo è: viene meno il sentirsi tutto, che lascia spazio alla sensazione di essere solo una parte. La persona non vuole tradire la fiducia, ma vuole ricercare ciò che le manca, e ciò è condannabile fino ad un certo punto di vista.
Quindi perché urlare e sbraitare davanti alla notizia? E non chiedere cos'è che manca? Ormai il gioco vede carte scoperte, la verità della mancanza salta fuori, e la vera domanda è una sola: siamo così egocentrici da non ammettere che non siamo tutto e, di conseguenza, non voler continuare una relazione in cui non ci sentiamo abbastanza? L'accettazione è strettamente collegata alla faccenda del tradimento: siamo abbastanza presi da accettare di non essere tutto e provare a porre delle fondamenta su questo pavimento scoperto?
Per quando creda nel mito decantato da Platone, è sicuramente difficile trovare la propria metà nel mondo, le vie dell'errore sono migliaia, e presenterebbe una realtà estremamente edulcorata e molto lontana.
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