Il disagio dello scrivere

È da molto che non scrivo, o, per meglio dire, è da molto che non mi posiziono sulla sedia davanti il mio computer; in realtà ho scritto, molto.
Sperando di non tediarvi, vorrei brevemente descrivere ciò che mi è successo ogni volta che ho cominciato a digitare qualche parola, e ciò sarà anche il filo conduttore di questo post: in queste occasioni, provavo ciò che ho denominato il disagio dello scrivere. Premetto che ho sempre amato la scrittura, in ogni sua forma, e mi sono e mi sto dilettando nella composizione di poesie, romanzi, saggi, in modo più o meno fallimentare.
Il problema principale sorgeva nel momento in cui cominciavo a fare delle ricerche per la composizione di articoli con un tema ben preciso: ci sono circa una ventina di titoli pronti per essere sviluppati, che spaziano tra Storia e Sociologia; ciò che provavo, cercando sempre più informazioni, collegando i vari argomenti, era il profondo disagio, nonché un certo grado di timore, del non sentirmi abbastanza preparata nel poter esporre le mie conoscenze, di sentire che le mie capacità argomentativo-espositive non fossero sufficienti. Ogni volta ho sempre rilegato il problema alla poca dedizione e concentrazione che ponevo nello scrivere per questo blog, dato che in altre occasioni riuscivo nel compito; poi ho realizzato che questa piattaforma è una delle cose a cui tengo di più, una delle poche che mi rappresenta in toto, nel presente e nel futuro.
Dopo questa breve e concisa digressione delle mie vicissitudini artistiche, in cui forse non rimarrò sola dopo la pubblicazione di questo scritto, ci tengo, finalmente, ad esporre il nucleo centrale del post, che si trova nella conclusione della vicenda suddetta: mi sono presto resa conto che ciò che provavo si riferiva solo in minima parte alle mie capacità, più o meno eccellenti, scrittorie, piuttosto al fatto che stessi per cominciare un qualcosa che riguardava me e soltanto me. 
La scrittura è un universo complesso e articolato, il quale si attiene a delle leggi assolute di carattere stilistico e formale ma è il prodotto dell'interazione di una moltitudine di variabili, sentimentali, personali, culturali, sociali. Ma l'aspetto più importante di questo universo è il fatto che l’essere così generale nei suoi dogmi sintattici, lo porta a divenire estremamente particolare e soggettivo: il concetto astratto di scrittura si scontra con la realtà empirica dello scrittore. Lo scrittore è colui che abita, in modo singolare, questo universo ed è da colui che discendono le variabili accennate in precedenza.
L'attività di scrittore è paradossale: egli deve servirsi di regole prestabilite e assolute per produrre un qualcosa di personale e soggettivo, almeno nella maggior parte dei casi. Il suo è un operato di introspezione, poiché la scrittura rappresenta l'esplorazione degli abissi più profondi dell'anima: scriviamo di ciò che ci interessa, di ciò che ci appaga, di ciò che sappiamo; tutto ciò significa che scriviamo di noi, della nostra persona, a prescindere dal fatto che il proprio Io sia presente nel testo in modo più o meno esplicito. E il presentare la propria persona, il trasferirla sulla carta, in modo concreto, è sempre problematico, ancor più se sappiamo che ciò sarà letto, che saremo letti, da altri.
Agli occhi dei più può sembrare un qualcosa di superfluo, alla stregua della pazzia; ma la pazzia è proprio ciò che attanaglia ogni scrittore. Bisogna esser pazzi, allontanarsi dal senso comune, per poter scrivere, per poter trascrivere se stessi su una pezzo di carta. Bisogna esserlo perché ciò che siamo realmente non è mai ciò che pensiamo di essere: ogni parola è una parte della nostra anima, governate dal nostro inconscio; ed è proprio nell'atto di scriverle che si rivela la percezione che abbiamo della nostra persona. Tutto ciò che scriviamo, ogni lettera, ogni parola, il suo contenuto e il suo stile siamo noi. 
Questa sfaccettatura comprendente dell'arte dello scrivere è proprio ciò che crea il disagio dello scrivere: il presentare se stessi agli altri, sconosciuti o meno, è spaventoso; e lo è così tanto perché potremmo scoprire che l'idea che gli altri hanno di noi, non coincide con la nostra, con ciò che crediamo di essere: una scoperta che potrebbe avere ricorsi impensabili, se non fatali.

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